Di motivi per visitare Amsterdam ce ne sono infiniti. Quando si pensa ad Amsterdam, vengono in mente quasi in automatico il divertimento, il proibito, con il quartiere a luci rosse e i coffee shop. In realtà è una città rinomata anche e soprattutto per le sue attività culturali e i musei. Basti pensare al museo di Van Gogh, al Rijksmuseum, alla casa di Anna Frank, alla casa di Rembrandt. Ma Amsterdam è soprattutto la città della vivibilità. Attraversata quasi interamente da canali, al punto da essersi meritata l’appellativo di Venezia del Nord, i mezzi di trasporto più usati sono le barche e le biciclette. Il mercato dei fiori travolge il visitatore con gli odori e i colori di una città che ha fatto della libertà di pensiero il suo motto e del contatto e dell’amore per la natura la sua essenza.
Dal momento che questo blog non è una guida turistica, ma si limita a dei semplici consigli basati sulle mie personalissime suggestioni ed emozioni, vi parlerò di due delle attrazioni a mio avviso imperdibili di questa straordinaria città.
La casa di Rembrandt non è il più conosciuto fra i musei di Amsterdam ma è, senza alcun dubbio, una vera chicca per gli appassionati di pittura e non solo. Il pittore visse in questa casa dal 1639 al 1656, anno in cui fu costretto a lasciarla perché andò in bancarotta (triste destino che, chissà come mai, accomuna molti artisti). Si tratta dunque di una ricostruzione, in quanto la maggior parte dei mobili originali vennero pignorati, ma l’attenzione ai particolari con cui è stata rielaborata l’atmosfera in cui visse e lavorò per molti anni il grande pittore (in parte per la ricostruzione sono stati utilizzati disegni e opere dello stesso Rembrandt e dei suoi allievi), rende la visita molto interessante e suggestiva. Alla casa è annesso anche un moderno edificio in cui sono esposte molte sue opere e anche una collezione di oggetti appartenuti al pittore, provenienti da varie parti del mondo.
L’altra attrazione imperdibile è, invece, famosissima e io me la sono persa. Si tratta della casa di Anna Frank. Ovviamente, non essendoci andata, non posso descriverla nei particolari. Ma posso tentare di spiegarvi il motivo per cui mi sono rifiutata di visitarla. Il diario di Anna Frank è uno dei primi libri che ho letto in assoluto, uno di quelli che mi sono rimasti dentro in tutti i sensi, che mi hanno fatto piangere, tremare di paura, vedere il mondo con gli occhi della protagonista e sentire le sue emozioni. Entrare in quella casa sarebbe stato come entrare nel luogo di dolore di un amico, di un parente, di qualcuno molto caro, la cui sofferenza brucia ancora troppo sulla pelle per riuscire ad affrontarla fino in fondo. Non sono andata per paura che mi avrebbe fatto molto male vedere dove Anna Frank visse, sostanzialmente da prigioniera, gli ultimi anni della sua vita troppo breve, e dove venne catturata per essere deportata nel campo di concentramento in cui avrebbe poi trovato la morte. Me ne andai così, preferendo rimanere fuori da quelle mura, salutandola da lontano, e cercando di vivermi e respirarmi soltanto le atmosfere felici di quella città. Eppure, a molti anni di distanza, mi rimane il rimpianto e me ne dispiaccio. Rifiutarsi di visitare luoghi di sofferenza e di dolore come questo o Auschwitz o qualsiasi altro luogo che è stato testimonianza di violenza inaudita e orrore non aiuta certo a conservare la memoria. Oggi penso che bisogna avere il coraggio di superare la paura per conoscere e affrontare i nostri demoni. Ognuna di quelle pietre, con tutto il dolore e la sofferenza di cui è intrisa, ha da insegnarci qualcosa. E il cercare di imparare, ripercorrendo le tappe del loro calvario, è il miglior regalo che possiamo fare alle vittime e, soprattutto, a noi stessi, come umanità.
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