Barry Seal – Una storia americana (American Made, USA, 2017) di Doug Liman con Tom Cruise, Domhnall Gleeson, Sarah Wright, Jesse Plemons, Jayma Mays, Caleb Landry Jones
Vicenda (sur)reale quella di Barry Seal, già incarnato da Dennis Hopper in un tv movie del 1991, Un gioco pericoloso, e da Michael Paré nel recente inedito The Infiltrator. Pilota della TWA, Seal fu reclutato nel 1978 dalla CIA, che aveva già notato la sua abilità e le sue inclinazioni ai piccoli traffici. Da fotografo aereo dei ribelli sandinisti in Nicaragua e corriere personale dell’allora colonnello Noriega a Panama a trasportatore di armi e di pigri contras il passo si rivelò breve, ma fu con i carichi di droga per i cartelli colombiani di Ochoa ed Escobar che si consolidò la sua ingestibile ricchezza. E dato che iniziò a collaborare con la DEA e perfino con la Casa Bianca, crebbe anche il rischio di venire ammazzato. Proseguendo in una fase “cialtronesca”, Tom Cruise, già con il regista Liman nel fantascientifico Edge of Tomorrow – Senza domani, rende abbastanza simpatico un personaggio criminale e opportunista, ma lo scopo del film è appunto quello di individuare gli aspetti grotteschi degli eventi, svoltisi tra le presidenze di Carter e Reagan (ma sono chiamati in causa pure i futuri eletti Bush Sr. e Clinton). Se c’è un difetto nell’acuta sceneggiatura di Gary Spinelli è proprio quello di costruire il plot unicamente sul protagonista (la spia Domhnall Gleeson, figlio di Brendan, e la moglie Sarah Wright stanno sullo sfondo); tuttavia la morale permane sottile, non urlata, coerentemente sul filo del paradosso.
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