Ci siamo quasi tutti. I più intimi, quelli che hanno continuato a sentirsi dopo la maturità, la laurea, il matrimonio, i figli, le separazioni e, purtroppo, qualche prematuro funerale.
La vita scorre fra le dita come la trama di una tela che qualcun altro sta tessendo per noi, in un disegno che spesso appare incomprensibile.
Ci vediamo a cena, almeno una volta l’anno, sempre nella stessa pizzeria, vicino al teatro Massimo. Scegliamo il periodo delle vacanze di Natale. Molti sono andati via, in cerca di lavoro. I più vicini in zona Padania e scherzano sul fatto che pure loro sono all’estero. Poi, ci sono quelli rimasti in Europa e, infine, gli intercontinentali… Stati Uniti, Canada, Australia.
La cena inizia con i racconti degli “espatriati”. Riportano novità stupefacenti che qui arriveranno fra un milione di anni. Si lamentano di trovare la città sempre sporca, degradata, con servizi inefficienti.
«Che fanno le amministrazioni? Possibile che non cambi mai niente? Ancora la solita politica corrotta?»
Subito, però, scatta l’orgoglio nazionale. Vengono fuori anche i difetti dei loro nuovi mondi. Sempre i soliti. Il clima terrificante, la gente fredda e indifferente.
«E volete mettere il nostro mare? I nostri monumenti? Con quello che abbiamo, potremmo vivere tutti di turismo».
Già… Potremmo. Ma sono vent’anni che facciamo gli stessi discorsi e nessuno di noi vive grazie al turismo. Qui, nonostante lauree, master e specializzazioni, è sempre più difficile ottenere il giusto riconoscimento per il frutto del proprio lavoro. Se avessimo seguito l’esempio dei nostri amici espatriati, anche noi avremmo gli occhi lucidi per la nostalgia e un futuro garantito.
A fine serata, solitamente fra pizza e dessert, scatta l’ora dei ricordi. E giù a ridere di quella volta che il professore di matematica cadde dalla sedia o di qualche altro divertente episodio. Fra un ricordo e l’altro, riaffiora anche la mattina dei funerali di Falcone. È Giorgio che ne parla. Lui vive a Firenze.
«A volte, quando ci penso, mi viene voglia di tornare».
Noi lo guardiamo. In qualche modo riusciamo a intuire i suoi pensieri. Ma è difficile condividerli per chi è rimasto.
«Mi sembra di mancare, di non impegnarmi abbastanza» dice. «Voi siete fortunati. Vorrei essere qui, a lottare con voi».
«Resta lì» gli rispondiamo con il cuore gonfio. «Resta lì».
Per consigli su letture e viaggi potete trovare Il giro del mondo con un libro in mano anche su www.facebook.com/ilgirodelmondoconunlibroinmano
©Copyright 2015 by Rita Massaro – All Rights Reserved
In poche righe c’è una lotta intima che attraversiamo in molti, o forse tutti. C’è un dramma che si consuma proprio davanti ad un teatro.
Purtroppo è così, cara Donatella. Grazie per il tuo commento 🙂
Di tutto e di più in poche righe ben architettate.
Oramai non mi stupisco più, ma mi complimento sempre. Brava !
Sabino.
Grazie Sabino!