Il testamento del poeta
Angkhan Kalayanaphong
Traduzione di Matteo Veronesi
Oggi voglio consigliarvi la lettura di questi splendidi versi di uno dei massimi esponenti della poesia thailandese, Angkhan Kalayanaphong, nella traduzione in italiano di Matteo Veronesi (tradotta da una versione inglese, come lui stesso spiega nel sito “Medea”, da cui ho estratto questo testo). Si tratta di testi poco conosciuti in Italia; eppure, avendo visitato quei luoghi molto tempo fa, mi sembra che riescano a trasmettere al lettore la bellezza e la profonda spiritualità di quel meraviglioso Paese e della cultura millenaria del suo popolo. La foto si riferisce all’antica capitale del Regno del Siam, Ayutthaya, alla quale il poeta ha dedicato un’altra sua poesia il cui testo tradotto potete trovare sul sito “Medea”.
Il testamento del poeta
Avvolgo il cielo intorno a me
per allontanare il gelo.
Non di riso mi cibo, ma di astrale luce
nella notte profonda.
Rugiada discende dal cielo
perché io la raccolga e me ne imbeva ‒
fluisce il mio verso a salutare
il mattino dell’ultima stagione.
Innominati poteri ha il mio cuore
in sacrificio al sepolcro ‒
lo spirito vola verso terre di sogni,
nel più lontano cielo:
nel Cielo cerca la Divinità
per portarla sulla terra, a raddolcire
l’erba e le sabbie, a portare gioia e pace.
Io scrivo versi per salvare l’anima
che ora giace sul corso e sulle onde
del tempo, rapinosi.
Anche se questa breve vita ci consuma
dureranno lucenti
e divine, le parole del cuore.
Lascia che arda il corpo
e cenere diventi. I tuoi versi
plasmati di forza e di dolcezza
non svaniranno. Ovunque
sia destinata l’anima a rinascere
fluiranno sacri preziosi arcobaleni,
e lampi cristallini, e gemmei chiarori.
Il Silenzio si fa spirito di gioia
nella Parola, la pioggia
preziosa del Cielo estingue il fuoco, il cuore
è rapito nel sogno di altre terre.
Dolce è il profumo di questa vita. L’altra
sarà riflesso della sua dolcezza.
Voglio gettare via, lontano, la mia vita:
io voglio il Bene risplendente e nuovo.
Più sacra di ogni arte, la poesia:
fatata come soavi fiori
discesi sulla terra da un celeste giardino.
Angkhan Kalayanaphong (Traduzione di Matteo Veronesi)
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