Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
La signora dello zoo di Varsavia (The Zookeeper’s Wife, USA/GB/Repubblica Ceca, 2017) di Niki Caro con Jessica Chastain, Johan Heldenberg, Daniel Brühl, Val Maloku, Michael McElhatton, Shira Haas
Angela Workman ha mutato in script – filmato dalla Caro de La ragazza delle balene e North Country – il romanzo biografico di Diane Ackerman sulla misconosciuta Antonina Żabiński, che insieme al marito Jan ospitò nelle gabbie del suo zoo disastrato e svuotato dalla guerra centinaia di ebrei destinati a essere prelevati dal ghetto di Varsavia e deportati dai nazisti. I coniugi, interpretati da un’ottima Chastain e dal funzionale Heldenberg di Alabama Monroe, se la videro con il fintamente disponibile ufficiale tedesco Heck (Brühl, che oppone il suo professionismo alla convenzionale brutalità del suo ingannevole personaggio, i cui esperimenti genetici sui bisonti da trasformare in uri rimandano tristemente alle atrocità perpetrate sulle persone per preservare la “razza”), collega zoologo acculturato quanto egoista (e in seguito infingardo). Plot che ricorda l’impresa di Schindler, dotato di alcuni (tarati) bei momenti – l’incipit sorridente, dove però si dà per scontato che un antico bioparco sia un habitat ideale per gli animali; il salvataggio della piccola Urszula (Shira Haas); il ritorno dell’amico Maurycy (Iddo Goldberg), ricongiuntosi alla moglie Magda (Efrat Dor) – e del rafforzato assunto che le bestie sono migliori degli uomini. Ma nell’insieme qualcosa non scatta. La protagonista, in bilico fra ingenuità e determinazione, si riprende troppo facilmente da shock terribili, e si ha l’impressione che il film ecceda…
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