Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
Mistero a Crooked House (Crooked House, GB, 2017) di Gilles Paquet-Brenner con Glenn Close, Max Irons, Stefanie Martini, Christina Hendricks, Gillian Anderson, Terence Stamp
Agatha Christie al cinema torna di moda periodicamente. Negli anni ’60 c’erano i gialli con la Rutherford nei panni di Miss Marple, tra i ’70 e gli ’80 quelli con Ustinov a sfoggiare l’accento francese (pardon, belga) di Poirot, con l’eccezione di un non meno calzante Finney in Assassinio sull’Orient Express. Come “antipasto” del nuovo lussuoso adattamento di quest’ultimo, ecco la trasposizione del noto È un problema, che la scrittrice britannica pubblicò quasi un settantennio fa (benché il film si svolga nel 1957). Alla cinepresa troviamo Paquet-Brenner, abile nel gestire i drammi de Le chiavi di Sara e le nevrosi di Dark Skies – Nei luoghi oscuri, decisamente meno a creare la tensione che si confà a un mystery. Charles (Irons Jr.), investigatore privato un tempo di stanza in Egitto dove conobbe la bella Sophia (Martini) ed ebbe una storia con lei, è invitato proprio dalla ragazza a far luce sulla morte del danaroso nonno, apparentemente vittima di un errore di somministrazione del suo farmaco quotidiano. Il defunto aveva una giovane moglie e viveva insieme ai due figli, le rispettive signore, i tre nipoti, la sorella della prima consorte, un istitutore e una governante all’interno della magione del titolo. Ovviamente ognuno aveva motivo di far fuori il patriarca, ma regista e sceneggiatori una volta presentati i personaggi sembrano disinteressarsene, generando un progressivo vuoto all’interno dell’augusta confezione.
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