Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
The Wife – Vivere nell’ombra (The Wife, GB/Svezia/USA, 2017) di Björn L Runge con Glenn Close, Jonathan Pryce, Christian Slater, Max Irons, Karin Franz Körlof, Elizabeth McGovern
Joe Castleman (Jonathan Pryce), anziano scrittore, nel 1992 vola a Stoccolma con la moglie Joan (Glenn Close) per ricevere il Nobel. L’accoglienza trionfale è rovinata da consunti screzi coniugali (il vanesio marito non è un campione di fedeltà) e dalla presenza indiscreta d’un biografo non ufficiale (uno Slater finalmente maturo), che ha motivo di sollevare dubbi sulla genuinità del lavoro pluridecennale del letterato. Potrebbe sembrare una variante di Big Eyes, ma quello – oltre a essere incentrato sulla pittura – era ispirato a una storia vera, mentre qui la fonte è un romanzo (d’impianto decisamente teatrale) del 2003 di Meg Wolitzer, adattato per lo schermo da Jane Anderson (e poi la direzione drammaturgica è differente). È importante notare fin da subito la sintonia con la quale si muovono i coniugi, che rispondono al telefono in due e praticamente costituiscono un’unica – per quanto scindibile – personalità, il braccio e la mente, il frontman e la tessitrice (non sveliamo nulla che non dica già il trailer). La perseverante condotta dell’uno può provocare un moto d’orgoglio nell’altra, però senza reali compromissioni (i flashback – in cui i protagonisti hanno i volti di Harry Lloyd e Annie Starke, figlia della Close – ci spiegano coerentemente la genesi dello strano rapporto), fornendo anzi spunti narrativi per futuri libri. Attori in stato di grazia, compresi una rediviva McGovern e Irons Jr., rampollo complessato.
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