UNA NOTTE CON TAHOSER, Rita Massaro

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Il Nilo scorreva lento e placido sotto di lui. L’aria di quella sera di fine febbraio era frizzante, ma non fredda, nonostante l’escursione termica. Il gelido inverno lo aveva lasciato a casa insieme a tutto il resto. Il professore se ne stava seduto sulla terrazza della piccola nave da crociera su cui stava viaggiando e si accingeva a godersi quella limpida notte africana. Tutto era come l’aveva sempre immaginato… il cielo chiaro e stellato, il leggero fruscio delle palme al tiepido venticello, il rumore costante dell’acqua mossa dall’incedere dell’imbarcazione, la lontana musica di un pianoforte che veniva dalla sala da ballo. Si guardò intorno, era solo.

Aveva sempre sognato di venire in Egitto. Fin da quando andava all’università i misteri dell’antica civiltà dei faraoni l’avevano affascinato, ma quarant’anni prima viaggiare non era così facile e alla portata di tutti. Poi si era sposato, erano venuti i figli, il lavoro, le responsabilità. I sogni aveva dovuto rinchiuderli nel cassetto per molto tempo. Ma ora era rimasto solo.

Sua moglie era morta qualche anno prima, i figli si erano sposati. Per lui, dopo anni di onesto lavoro e sacrifici per mantenere la famiglia dignitosamente con il suo modesto stipendio, era finalmente arrivata l’ora della pensione. Aveva qualche risparmio da parte e molto tempo libero, e nessuno a cui dedicarlo. I figli avevano la loro vita, come era giusto che fosse. Li vedeva ogni tanto la domenica e per le feste, e lui non aveva mai pensato a farsi delle amicizie.

Del resto era sempre stato un tipo abbastanza introverso. La solitudine non gli faceva paura, anzi… Si sentiva molto più a disagio quando era costretto a stare in compagnia, quando doveva necessariamente aprir bocca per dire delle sciocchezze mentre se ne sarebbe stato volentieri in silenzio a seguire il corso dei suoi pensieri. Non che non gli piacesse la gente, ma lui preferiva starsene in disparte a osservarla, filosofeggiando fra sé sulle abitudini dei suoi simili. Sua moglie l’aveva sempre rimproverato per questo lato del suo carattere, dandogli del misantropo, ma lui era fatto così, e non poteva farci nulla. Finché lei gli era stata accanto aveva fatto di tutto per accontentarla. Ricordava con orrore le vacanze in campeggio con tanto di famiglia allargata al seguito, i vari onomastici e compleanni, i Natali e tutte le feste consacrate da passare rigorosamente in compagnia. Ma ora che lei non c’era più, poteva finalmente godersi la sua “solitudine”.

Certamente la presenza della moglie gli mancava. Era stata la sua compagna per moltissimo tempo, avevano condiviso praticamente tutto e la conoscenza l’uno dell’altra era diventata così profonda che non avevano più bisogno di parlare per capirsi. Ma, in verità, non era mai stato innamorato di lei. Il loro era stato un matrimonio combinato in famiglia, come si usava una volta, e quando pensava a lei gli veniva in mente la madre dei suoi figli, la moglie, l’amica, la compagna di vita… mai la donna.

Gli unici veri slanci amorosi il professore li aveva vissuti in età adolescenziale, quando si era preso una grossa sbandata per una vicina di casa, la bella Mara. Purtroppo la ragazza non lo ricambiava e presto si era fidanzata con un altro. Lui c’era rimasto male e ne aveva sofferto moltissimo. Aveva pensato a lei ancora per diversi anni, poi il suo cuore aveva smesso di sobbalzare per sempre e la sua mente si era dedicata totalmente ad altre cose. La famiglia e gli studi, soprattutto questi ultimi.

I libri erano stati la sua salvezza fin da ragazzo. Era capace di starsene ore e notti intere con un libro in mano. Aveva trasferito tutta la passione che aveva provato per Mara sulla storia e sulla letteratura e, dopo la laurea e la cattedra, aveva provato a trasmettere la stessa passione ai suoi ragazzi. Ma non era sicuro di esserci riuscito. Sfortunatamente, comunicava più facilmente con una pagina scritta o con un foglio bianco che con un essere umano. Era fatto così.

Se ne stava beatamente seduto sulla sdraio ripensando a tutta la sua vita. Un pensiero tirava l’altro come una catena. Dalla sua vita passò al genere umano, poi all’origine della vita e dell’universo, alle stelle e ai pianeti, a Dio e agli elementi comuni di tutte le religioni, poi tornò sulla terra e pensò agli antichi Egizi, a quello che avevano costruito e che ci avevano lasciato. La sua mente si riempì delle meraviglie che il suo occhio aveva visto in quegli ultimi giorni. Pensava e si sentiva rilassato, in pace con se stesso e con il mondo intero. Si sentiva tanto bene come non gli succedeva da parecchio tempo. A un certo punto guardò il fiume e pensò a lei… Tahoser.

Tahoser era la protagonista di un romanzo che aveva letto non molto tempo addietro, e quella lettura gli aveva acuito ancora di più la voglia di trovarsi fisicamente in quei luoghi, di guardare con i suoi occhi e toccare con mano ciò che nella sua immaginazione era divenuto grandioso. Un po’, come spesso accade nella vita quando si desidera fortemente una cosa, aveva paura di rimanere deluso (e questa paura gli aveva fatto rimandare il viaggio per un po’), ma alla fine il desiderio aveva vinto la paura e si era deciso a partire.

Il professore guardò ancora il fiume, sentì quasi come se lo chiamasse. Si alzò per guardarlo meglio dal parapetto. Guardò sotto di lui e vide l’acqua scura appena rischiarata dalla luna e dalle stelle. Guardò la distanza da una sponda all’altra e gli sembrò enorme. Ma come aveva potuto la piccola egiziana intraprendere una simile traversata a nuoto nel buio della notte? Dove aveva trovato il fiato e le forze? Come aveva vinto la paura di morire annegata o sbranata dai coccodrilli? Al solo pensiero lui sentiva i brividi… Tahoser era stata capace di attraversare le acque del Nilo, nuda, con i vestiti allacciati sulla testa, con la sola forza delle gambe e delle braccia… E dell’amore. Solo quel fuoco che le ardeva dentro poteva farle vincere la stanchezza e la paura. Per l’uomo che amava avrebbe fatto di tutto, anche scalato montagne.

Il professore tornò a sedersi pensando alla bella egiziana… A quella creatura che, forse, prima che nella fantasia di un romanziere, era veramente vissuta qualche migliaio di anni fa. Chiuse gli occhi e cominciò a immaginarla come gli era capitato altre volte da quando aveva letto il libro. E mentre la sua fantasia cominciava a prendere quelle forme a lui così care, nel silenzio della notte sentì uno strano rumore, un rumore che si distingueva da quello di sottofondo del motore della nave. Dapprima era quasi impercettibile, lentamente divenne sempre più nitido e vicino. Ora era facile distinguerlo, sentiva chiaramente delle bracciate nell’acqua. Qualcuno, a nuoto, si stava avvicinando alla nave. È impossibile, si disse. A stento si può seguire una barchetta, come aveva fatto Tahoser con quella su cui si trovava l’amato Poeri, ma nessuno può raggiungere una nave, per quanto di stazza piccola e che procedesse lentamente come quella su cui si trovava.

Ma ormai la ragione stava per abbandonarlo. E una specie di eccitazione febbrile cominciava ad assalirlo. Il cuore iniziò a battergli sempre più impetuosamente e i suoi polsi sembravano impazziti. Cominciò a tremare, ma quella sensazione era così forte e bella che, sebbene ne avesse paura, decise di abbandonarsi completamente e lasciarsi andare. Decise anche di non riaprire gli occhi, perché temeva che se l’avesse fatto quella specie di incanto sarebbe finito. A un certo punto non udì più nulla e si preoccupò. Cercò di acuire il più possibile l’udito, ma per quanto si sforzasse non sentiva niente. Le bracciate non si udivano più, ma quando stava per rassegnarsi al fatto di aver avuto un’allucinazione e stava per riaprire gli occhi, sentì distintamente il rumore di qualcuno che scavalcava il parapetto. Il cuore gli fece un balzo e il sangue cominciò a pulsargli nelle tempie sicuramente oltre i livelli consentiti a un uomo della sua età, ma non riusciva a muoversi di un millimetro. Si sentiva quasi come paralizzato e aveva paura persino di respirare.

Dei piccoli passi avanzavano verso di lui, erano passi sinuosi ed eleganti, femminili. Ora si erano fermati proprio dinanzi a lui, sentiva il respiro della creatura ancora leggermente affannoso e poi una gocciolina d’acqua cadergli sui pantaloni leggeri, un’altra ancora sul braccio nudo, che scivolandogli giù fino alla punta delle dita gli diede un brivido che gli percorse tutta la schiena. Chiunque ella fosse, la sentì inginocchiarsi davanti a lui e poi, finalmente, il suo tocco leggero sulle mani. Sentì le sue dita sottili che gli percorrevano la pelle, era una specie di soffio che non osava definire una carezza. Il tocco salì dalle mani su per le braccia e poi fino al collo, si soffermò un attimo sull’apertura della camicia e poi riprese a salire, arrivò al volto, prima il mento e la bocca, si soffermò ancora, questa volta sulle labbra, e poi le guance, il naso, le palpebre sempre fermamente serrate e, infine, si tuffò nei suoi capelli, grigi da un pezzo ma ancora foltissimi. Sentì quelle manine delicate nuotare dolcemente sulla sua testa come poco prima nell’acqua, e quella carezza che pareva non finire mai lo fece andare in estasi. Quegli attimi avevano il sapore dell’eternità, forse perché lui avrebbe voluto racchiudere l’eternità in quegli attimi. Quel semplice gesto aveva millenni di storia racchiusi in sé. Sperò che fosse proprio l’eternità che era venuta a prenderselo e se lo stava cullando prima di portarselo via.

A un tratto le mani tornarono agli occhi e lo costrinsero ad aprirli. E fu così che, finalmente, la vide… Tahoser in tutta la sua sfolgorante e raffinata bellezza. La sua pelle era liscia e leggermente olivastra, i lineamenti del volto dolci e delicati, gli occhi scuri e profondi, il naso piccolo e dritto, le labbra disegnate finemente ma non troppo carnose. I capelli neri, lunghissimi e bagnati le scendevano fino quasi alla vita. Qualcosa nello sguardo gli ricordò Mara, ma fu solo una fuggevole impressione. La tunica bianca e bagnata si era avvolta al suo corpo facendone indovinare le bellissime forme. Vide che aveva un fiore di loto attaccato sui capelli, lei intercettò il suo sguardo, lo prese e con quel fiore gli accarezzò le guance, poi si avvicinò sempre di più e quando i loro volti furono talmente vicini che lui respirava il respiro di lei, la ragazza gli posò un bacio sulle labbra. A quel punto lui non resistette più e la baciò con passione. Non sapeva chi o cosa stesse baciando, sicuramente era vittima di un’allucinazione, ma qualunque cosa fosse non voleva che finisse. Da decenni non provava più quel bruciore nel petto, quell’esplosione di sensazioni che potevano sconvolgere la vita di un uomo. Continuarono a baciarsi e carezzarsi appassionatamente per un bel po’, lui ormai la teneva stretta fra le sue braccia e non avrebbe più voluto lasciarla andare, ma Tahoser a un certo punto si alzò, lo prese per mano e gli fece segno di seguirlo, lo portò nella cabina di lui. E lì dentro si amarono per tutta la notte.

Le ore passarono velocemente, ma ogni istante fu vissuto intensamente e divenne indimenticabile.

L’aria divenne sempre più calda e i raggi del sole cominciarono a penetrare attraverso le fessure degli occhi. Fu svegliato completamente dal grido di un bimbo che stava litigando con il fratellino maggiore, la madre gli sorrise e gli chiese scusa.

Il professore dovette faticare un po’ prima di rendersi conto di dove si trovasse e del perché. Era seduto sulla sdraio della terrazza della nave, esattamente nel punto dove si era addormentato la sera prima. Aveva sognato, ma il ricordo del sogno era così forte e vivo che gli sembrava impossibile che non fosse vero. Man mano che tornava alla realtà la vista si faceva sempre più nitida e gli faceva apprezzare i colori meravigliosi del cielo, della terra sabbiosa, delle palme… i colori dell’Africa. Ebbe voglia di andare a guardare da vicino il Nilo e fece per alzarsi, ma in quel momento qualcosa gli scivolò dalle ginocchia, qualcosa di cui prima non si era accorto. Si chinò a raccoglierla… Era un fiore di loto.

Sorrise fra sé mentre lo metteva nel taschino, sapendo che l’avrebbe conservato gelosamente. Si sentì vivo, forte e felice come un ragazzino. E in cuor suo ringraziò Tahoser e l’Egitto per avergli restituito una notte di giovinezza e, soprattutto, la voglia di provare emozioni, conoscere il mondo, scoprire se stesso giorno per giorno… La voglia di vivere in prima persona invece di limitarsi a osservare gli altri che vivono o, peggio ancora, osservare se stesso che viveva una vita che non era la sua. Si appoggiò al parapetto come aveva fatto la sera prima e guardò ancora il fiume. Scorreva lento e placido sotto di lui così come scorreva la vita dentro di lui. Non è mai troppo tardi per ricominciare, pensò.

FINE

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Pubblicato da ilgirodelmondoconunlibro

Mi chiamo Rita Massaro. Sono una persona curiosa. Mi piace scoprire gli innumerevoli volti del mondo e le infinite possibilità della vita. Per questo leggo e viaggio. Ogni tanto le mie perlustrazioni scatenano la mia immaginazione. E scrivo. Ho pubblicato nel 2011, con la Casa Editrice Absolutely Free, un romanzo di formazione dal titolo "L'estate è finita". Nel dicembre 2016 è stato pubblicato il mio secondo romanzo, "Sotto il cielo di Santiago", con la Casa Editrice Genesis Publishing. Nel 2018 "Prima che sia primavera" con Il Seme Bianco, pubblicato in seconda edizione con il titolo "La terra del lungo inverno" con Emersioni. Ho partecipato a vari progetti di scrittura collettiva, tutti pubblicati nel 2020: "La villa delle ombre", con Stefania Agnello e Maurizio Bono; "Non ho forza per arrendermi", con Letizia Lo Cascio; "A casa: Diario di una pandemia" con Monica Spatola. Potete contattarmi su Facebook al seguente link: https://www.facebook.com/ilgirodelmondoconunlibroinmano