INCUBO, Rita Massaro


– FOTO PRELEVATA DAL WEB – 

Stamattina, rovistando nei cassetti, fra vecchi documenti, ho trovato questo mio breve scritto del 1997, evidente frutto di una brutta nottata. Sono trascorsi venticinque anni e poco sembra cambiato.

INCUBO

Mi trovo in una grande stanza, fa molto freddo e, a tratti, mi colgono dei brividi. La luce penetra a malapena dall’esterno, perché le finestre sono alte, e sembra che non riesca a giungere fino a noi. L’edificio è di quelli antichi, con le mura spesse, e qui e là c’è anche una crepa.

Sono seduta di fronte alla cattedra… ma non è una vera cattedra, è solo un vecchio banco che assolve a tale funzione dal momento che dall’altra parte c’è il professore: sto sostenendo un esame. Io parlo, parlo… guardo il libro sul tavolo e continuo a parlare. Il professore abbassa la testa e mi sorride in segno di approvazione. Dunque l’esame sta andando bene, ma io sono nervosa. Non riesco a smettere di essere nervosa, ho come una tenaglia che mi stringe lo stomaco.

Poi, mi accorgo che anche il professore è nervoso e pure l’assistente, una signora di mezza età dall’espressione un po’ severa. Mi guardo intorno e mi rendo conto che tutti sono nervosi, agitati. Tutti sono seduti, composti e attenti, ma gli sguardi tradiscono un pensiero, qualcosa che non riesco a esprimere a parole, come se una cappa di angoscia incombesse su tutti noi.

Un uomo grasso e attempato invade all’improvviso la stanza. Si avvicina al professore, gli parla all’orecchio ma è troppo agitato per tenere basso il tono di voce. Il professore gli fa cenno con la mano di restare calmo, l’assistente si gira verso di noi e ci guarda preoccupata. Anche noi ci guardiamo l’un l’altro, non sappiamo cosa fare, forse aspettiamo che qualcuno ci dica qualcosa di rassicurante. Le poche parole che abbiamo udito ci hanno paralizzato la lingua e il cuore, sento i battiti accelerare in modo preoccupante e sopraggiunge un tremore alle gambe che non riesco più a controllare.

Il professore e l’assistente ci dicono di raccogliere le nostre cose e seguirli in maniera ordinata e noi lo facciamo, senza chiedere nulla, contenti di poter finalmente fare qualcosa, qualsiasi cosa che possa spezzare questa specie di incantesimo. Attraversiamo il corridoio e giungiamo in una piccola stanza piena di scartoffie polverose e in disordine. In un angolo c’è una scala a chiocciola in legno che conduce in basso. Cominciamo a scendere, uno dietro l’altro, lentamente. Nessuno fiata, si odono solo i nostri passi e il cigolio del legno sotto di noi.

A un tratto un urlo, proveniente dall’esterno, squarcia quel silenzio inquietante: è un urlo terribile, lacerante, non si capisce nemmeno se viene da un uomo o una donna, si capisce solo il terrore contenuto in quel grido, il terrore che è dentro ognuno di noi e che finalmente trova il coraggio e la forza di venire fuori. È come una liberazione e allo stesso tempo una coltellata. Tutti gridano e si accalcano l’uno sopra l’altro, non si capisce più niente. Qualcuno cade e viene trascinato dalla baraonda di gambe, braccia, mani che cercano una via d’uscita, la scala traballa impetuosamente e minaccia di cedere da un momento all’altro. Il professore e l’assistente cercano di riportare tutti alla calma, ma ormai non li ascolta più nessuno.

Finalmente, non si sa come, mi ritrovo giù nell’atrio e poi, trascinata fuori dalla folla, nella vicina trattoria, una bettola sporca e maleodorante. C’è tanta gente accalcata intorno ai tavoli che parla in modo concitato. Tutti hanno qualcosa in mano: coperte, borsoni stracolmi di biancheria e oggetti di prima necessità, bambini. Si discutono piani di fuga, c’è chi propone di correre al porto e prendere con la forza il primo mezzo capace di navigare… ma ognuno di noi ha qualcuno che non può lasciare: familiari, parenti, amici. Ognuno cerca il modo di ritrovare chi ha perso, mentre qualcun altro grida che bisogna fare in fretta.

Infine, le parole agghiaccianti di una ragazza, appena giunta in lacrime, riportano il silenzio: – Troppo tardi, prendono la gente per strada e la caricano sui camion, non si sa dove la portano – .

A conferma di quelle parole, vediamo arrivare in strada i primi carri armati… dietro, le camionette militari piene di gente con il terrore negli occhi.

Ora nella bettola nessuno parla più, nessuno quasi riesce più a respirare… si sente solo il rumore dei cingolati. A un tratto vengo travolta da un’esplosione accompagnata da un boato. Mi giro intorno a guardare: l’edificio non c’è più, le persone non ci sono più. Non c’è più niente, tutto sembra essere stato ingoiato da un enorme buco nero.

Ma io dove sono? Mi domando come mai solo io sono rimasta e comincio a toccarmi per sentire se sono ancora fatta di carne, finché non mi sveglio tutta sudata nel mio letto. Tocco il mio corpo, le lenzuola, il muro accanto al letto, la scrivania… è tutto al suo posto, tutto mi è familiare.

Era solo un sogno, anzi un incubo. Non so nemmeno cosa ho sognato: un’invasione, un colpo di stato, una guerra? Ricordo bene solo le sensazioni che ho provato, me le sento ancora addosso, quasi incollate, come se non se ne volessero andare.

Mi alzo e apro la finestra: è quasi giorno. Che strano, penso, forse qualcuno in qualche parte del mondo stanotte ha fatto un bel sogno… e stamattina si è svegliato nel mio incubo.

Rita Massaro

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Mi chiamo Rita Massaro. Sono una persona curiosa. Mi piace scoprire gli innumerevoli volti del mondo e le infinite possibilità della vita. Per questo leggo e viaggio. Ogni tanto le mie perlustrazioni scatenano la mia immaginazione. E scrivo. Ho pubblicato nel 2011, con la Casa Editrice Absolutely Free, un romanzo di formazione dal titolo "L'estate è finita". Nel dicembre 2016 è stato pubblicato il mio secondo romanzo, "Sotto il cielo di Santiago", con la Casa Editrice Genesis Publishing. Nel 2018 "Prima che sia primavera" con Il Seme Bianco, pubblicato in seconda edizione con il titolo "La terra del lungo inverno" con Emersioni. Ho partecipato a vari progetti di scrittura collettiva, tutti pubblicati nel 2020: "La villa delle ombre", con Stefania Agnello e Maurizio Bono; "Non ho forza per arrendermi", con Letizia Lo Cascio; "A casa: Diario di una pandemia" con Monica Spatola. Potete contattarmi su Facebook al seguente link: https://www.facebook.com/ilgirodelmondoconunlibroinmano