Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
Il gioco delle coppie (Doubles vies, Francia, 2018) di Olivier Assayas con Guillaume Canet, Juliette Binoche, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret, Pascal Greggory
Sulla scelta di cambiare radicalmente il nome dell’ultimo lavoro del di solito serioso Assayas (se si esclude il lontano e raffinatissimo Irma Vep) si è discusso molto, benché esistano casi peggiori (e qui i lanci che richiamano Perfetti sconosciuti sono senz’altro più dannosi). Nella fattispecie il problema non è tanto rischiare di sbagliare pubblico, quanto negargli un prezioso strumento di decifrazione. Già il titolo internazionale, Non-Fiction, allude a ciò che i personaggi sono e pensano davvero, mentre quello francese, Doubles vies, si riferisce al fatto che i protagonisti, che si dibattono nel mondo della letteratura e dello spettacolo ai tempi di Internet, vivano un’indesiderata dissociazione. Alain (Canet) è un editore che pare abbracciare le nuove tecnologie, aiutato dalla giovane esperta Laure (Théret), però sotto sotto le digerisce male. L’insicuro Léonard (Macaigne, più “in commedia” degli altri) è uno dei suoi scrittori più fedeli, ma il suo autobiografismo spinto comincia a stufare. Selena (Binoche) è una star televisiva moderatamente insoddisfatta, moglie del primo, e Valérie (Hamzawi), che invece fila con il secondo, rappresenta un’azienda in difficoltà. Le coppie variano, si gioca con ideali e identità (perfino reali), si ragiona su tradizione ed evoluzione (il film all’inizio è fin troppo parlato), tuttavia non c’è una tesi, si vuol solo stimolare la riflessione. Un’eleganza che non tutti apprezzeranno.
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