Romanzo forte e al tempo stesso intenso, che riesce a rievocare, fino a farla quasi rivivere nella mente del lettore, la Sicilia del Settecento e, soprattutto, la condizione femminile dell’epoca.
La protagonista, Marianna Ucrìa, un’antenata della stessa autrice, Dacia Maraini, è una bimba sordomuta, perciò già segnata dallo stampo della diversità, quando a soli tredici anni viene data in sposa allo zio Pietro, molto più anziano di lei. La nobiltà dell’epoca, in aperto contrasto con le idee illuministe che cominciavano ad arrivare dall’Europa, utilizzava l’istituto matrimoniale e, in particolare, le figlie, per regolare i rapporti patrimoniali e le ambizioni della famiglia. Le donne erano merce di scambio e si consolavano, il più delle volte inconsapevoli della miseria in cui vivevano rinchiuse, con i lussi e i fasti di una vita che apparentemente le ripagava del sacrificio di cui non comprendevano appieno la portata. Il punto nodale, infatti, era la mancanza di scelta. Fin da bambine venivano educate a essere rinchiuse in un monastero o in un matrimonio di convenienza, senza alcuna possibilità di appello. Rassegnate e sottomesse, affrontavano il loro destino come una cosa naturale, almeno quanto il possedere due braccia e due gambe. Del resto, come potrebbe apprezzare la libertà un uccellino da sempre vissuto in gabbia? Chi non conosce un bene prezioso, può davvero comprenderne la mancanza?
Il sistema, però, fa corto circuito in Marianna, una fanciulla che, a causa della propria diversità, non riesce ad avere una normale comunicazione con il mondo esterno. Ciò fa sì che ella si trovi necessariamente più a suo agio con i libri che con le persone. E dalla passione per la lettura, non per niente ostacolata dal marito e dai parenti, che la considerano cosa peccaminosa per una donna, cominciano a emergere in lei quelle idee e quel desiderio di libertà che la renderanno, a un certo punto, una donna ribelle e da condannare agli occhi della famiglia. Quello stesso desiderio di libertà si trasformerà in desiderio di verità, conducendola a scoprire da adulta la brutale violenza subita da bambina che le ha procurato l’handicap di cui è portatrice. E diverrà anche desiderio di amore vero, amore carnale e passionale, così differente da quello subito per dovere coniugale, e che vivrà con un uomo appartenente a una casta inferiore.
Il nodo cruciale di questo meraviglioso libro è, a mio avviso, la capacità dell’essere umano di trovare, in situazioni disperate, risorse inaspettate. Marianna ci mostra come una mancanza possa trasformarsi in una ricchezza e, in un mondo in cui le donne vengono appositamente escluse dal libero pensiero, riesce a trasformare il suo handicap in una chiave per uscire dalla gabbia dorata che le è stata costruita attorno e trovare una via di fuga. Ciò che la renderà veramente libera sarà il riuscire a raggiungere, anche e soprattutto attraverso il travaglio del dolore e della sofferenza, una piena consapevolezza di sé e della propria condizione. Ciò le darà la forza di cercare e di affrontare una vita vera, fatta di scelte giuste o sbagliate, ma di cui ci si assume in pieno la responsabilità, senza rimanere ostaggio di niente e di nessuno. È solo il coraggio della libera scelta che ci può guidare, pur attraversando mari in tempesta, verso la vera felicità.
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