Alps (Alpeis, Grecia/Francia/Canada/USA, 2011) di Yorgos Lanthimos con Aggeliki Papoulia, Ariane Labed, Johnny Vekris, Aris Servetalis, Stavros Psyllakis, Erifili Stefanidou
Strano lavoro integrativo quello che hanno scelto – anzi inventato – un autoritario pilota di ambulanze e un’infermiera, coadiuvati da un allenatore e dalla giovane ginnasta che sta seguendo (evidentemente l’ultima arrivata): sostituirsi ai congiunti o agli amici defunti di chi li assume, acquisendone aspetto e abitudini, per lenire il lutto e il vuoto che costoro hanno lasciato. Una sorta di utopia che richiede una preparazione meticolosa, degna degli attori, e che nasce da una delle considerazioni più assurde mai ascoltate: non sarebbe bello spostare le Alpi (dei cui monti i protagonisti fanno dei nomi in codice) in altre parti del mondo? Idea tutta da dimostrare, oltre che programmaticamente impossibile, come dimostrano i fatti. Lo spettatore assiste così a un gioco lugubre ai confini con la morbosità, che sembra, progressivamente, soddisfare più un bisogno dei sostituti (di immedesimazione, di perdita) che dei committenti. Il regista Lanthimos, autore dell’asperrimo The Lobster e alfiere di un cinema greco sempre più votato a illustrare gli abissi della nostra società, gode della distribuzione tardiva (sebbene accennata) di questa sua datata e tagliente pellicola, imperdibile per coloro che pretendono ancora che il cinema scuota, disorienti, scombussoli e, all’occorrenza, disturbi. La danzante e flessibile Ariane Labed è già proiettata verso una carriera internazionale (è nel cast del giocattolone Assassin’s Creed).
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