LA COSA GIUSTA SECONDO GIOVANNI, Stefania Agnello

Foto racconto StefyOggi ho il piacere di condividere con voi un altro racconto della scrittrice e poetessa Stefania Agnello, “La cosa giusta secondo Giovanni”, 4° Classificato nel 2° Concorso Letterario indetto dall’Associazione A.R.C.I. Festival Resistente (Festival Resistente 2015 – XVII Edizione c/o Cassero Senese di Grosseto)

LA COSA GIUSTA SECONDO GIOVANNI

Non è giusto!” – strillava indispettito Giovanni, mentre batteva furiosamente i piedini.

Pietro, il gradasso del quartiere, gli aveva scarabocchiato il portacolori nuovo e, anziché chiedergli scusa, lo burlava dicendogli che quell’astuccio, ormai “griffato”, valeva una fortuna.

Un giorno, tutti i giornali parleranno di me e allora potrai essere fiero di possedere un mio autografo!”.

Aveva approfittato della sua distrazione, mentre Giovanni, sulla strada del ritorno verso casa, si era fermato a tirare quattro calci al pallone con l’amico Paolo.

A Giovanni, da buon siciliano, era stato insegnato che i compagni – quand’anche ci oltraggino con i peggiori soprusi – non vanno accusati né alla maestra né ai genitori, perché quello è un comportamento da femminucce. “I maschi devono farsi rispettare” – gli ripetevano sempre i grandi. E nel dire ciò assumevano un’espressione enigmatica che, pur senza dire niente, la diceva lunga. Più volte aveva cercato di capire se era lecito ricorrere alle mani per conquistare il famigerato rispetto, ma intorno a sé non trovava mai risposte chiare, solo mute ed eloquenti mimiche facciali.

Ad un tratto capì che avrebbe potuto darsi allo sport: gli piaceva e lo fortificava. Grazie alla passione per la ginnastica, il nuoto e il canottaggio, riuscì ad acquisire un’ottima preparazione atletica e ben presto ciò lo mise al riparo dalle prepotenze dei bulli della scuola che, non solo smisero di disturbarlo, ma si tenevano alla larga perfino da coloro che si trovavano sotto la sua protezione. Finalmente aveva capito di quale conquista parlavano coloro che lo esortavano a guadagnarsi il rispetto degli altri, ma non ne era affatto orgoglioso. Questo sistema, per quanto capace di stabilire un certo equilibrio, non gli piaceva.

Finita la scuola, si trovò a frequentare l’Accademia militare, dove, con sua grande sorpresa, fu particolarmente apprezzato per l’evidente “attitudine al comando”. Avrebbe potuto proseguire nella carriera militare e sicuramente sarebbe arrivato molto in alto, ma una sorta di insofferenza verso l’ottusità di certe gerarchie e il rigore della cieca obbedienza lo rendeva consapevole che non sarebbe stata la scelta giusta per lui. Accettava di buon grado il sacrificio e il rispetto delle regole, ma la prepotenza no, nemmeno se proveniva da un’autorità superiore.

Per questa ragione, individuò per sé l’unico percorso compatibile con le sue aspirazioni: il diritto. Un mondo affascinante e perfetto, in cui la soluzione di ogni controversia è possibile senza ricorrere né alla violenza, né alla sopraffazione. Aveva molti amici e un discreto successo con le donne, per alcuni era un sognatore, ma ciò lo rendeva indubbiamente un personaggio carismatico.

All’inizio della nuova esperienza in magistratura, sperimentava con entusiasmo la ricerca della verità ad ogni costo. I suoi interrogatori non avevano nulla di ortodosso, né dal punto di vista della procedura, né per la durata. Il linguaggio usato, essendo privo di tecnicismi e piuttosto colloquiale, spiazzava spesso gli avvocati e otteneva l’effetto di “far cantare gli usignoli”. E tutto ciò gli era facile, quasi naturale. Ogni volta che raggiungeva l’obiettivo, giustizia era fatta e questa sensazione gli procurava un tale appagamento che non chiedeva altro dalla vita.

Nei primi anni non aveva mai dubbi su ciò che era giusto e ciò che non lo era. Con grande acume giuridico, discerneva caso per caso, il buonsenso e la capacità di vedere oltre l’apparenza completavano l’opera. Solo dopo essersi fatto un’idea chiara, gli bastava verificare, con una veloce occhiata al codice, che la legge avvalorasse il suo convincimento e la sentenza era pronta!

Ma purtroppo non fu sempre così. Ad un tratto cominciarono i primi “amichevoli” suggerimenti di qualche collega, poi vere e proprie pressioni da parte di personaggi che si sentivano disturbati da certe indagini. Perfino fra i superiori riscontrò che i suoi modi, pur piacendo ad alcuni, non erano graditi a tutti. Di lì a poco ebbe inizio l’odissea dei trasferimenti improvvisi e dei nuovi incarichi. Qualche giornalista lo aveva preso di mira, gettando discredito sulla sua immagine e sulle sue scelte, ma fino ad allora Giovanni non aveva veri e propri dubbi e andava dritto per la sua strada! Nei momenti più bui gli bastava una telefonata con Paolo, collega e vecchio compagno di giochi, e ritrovava tutte le motivazioni che gli servivano per andare avanti.

Giovanni aveva la testa dura, tuttavia non mancarono le circostanze in cui la sua determinazione vacillò.

Una volta, durante un processo, fu colpito da un paio d’occhi ardenti che lo fissavano rabbiosi dall’interno della gabbia in cui era rinchiuso insieme ad altri imputati.

Giovanni” – gridò quell’uomo con furia rabbiosa – “Che fai? Non mi riconosci? O è più comodo fare finta?”.

Io sono, Pietro”. E lo disse con quella tipica inflessione siciliana, in cui l’anteposizione del soggetto al predicato verbale ne sottolinea l’importanza sul resto della frase.

All’improvviso, Giovanni riconobbe nel feroce assassino dalle mani insanguinate gli occhi di quel ragazzaccio di strada che negli anni della fanciullezza si trastullava volentieri a tormentarlo. Aveva mantenuto la promessa ed era finito davvero sul giornale! La sua espressione evidentemente lo tradì e l’uomo dietro le sbarre lo percepì, tanto che sul turpe volto apparve un ghigno di soddisfazione. Fissava il giudice con arroganza e disprezzo e ogni volta che ne incrociava lo sguardo non mancava di sorridergli, rivolgendo verso di lui il gesto del tagliagole in modo teatrale.

E le minacce di quel boss e di tanti altri purtroppo non restarono solo parole. Giovanni in pochi anni aveva accompagnato il feretro di troppi amici e colleghi, senza dubbio i migliori. Uno ad uno erano stati eliminati con orrore e brutalità. La sua vita era diventata blindata, ben poco di ciò che gli piaceva fare era ancora consentito. Intorno a lui solo terra bruciata, cominciava a sentirsi un fantasma vivente. Scampato per puro caso ad un primo attentato, fu accusato addirittura di aver posizionato l’ordigno lui stesso per apparire come un eroe. Ma certa stampa infame dovrebbe sapere che gli eroi si celebrano solo dopo la morte!

Non fu sempre facile andare avanti per una strada che diventava sempre più erta. Non lo fu per lui, né per chi lo amava e vegliava al suo fianco. Ma per Giovanni, per quanto fosse doloroso (e lo diventava ogni giorno di più) non c’era alternativa, era come se non le vedesse nemmeno le altre possibilità. Non fare la cosa giusta sarebbe stato peggio che togliersi la vita.

E se anche, in quel lontano e così vicino 23 Maggio 1992 a Capaci, Pietro – in nome dell’antica amicizia – gli avesse dato la possibilità di rinnegare la scelta di guidare personalmente l’auto al fianco di sua moglie, lasciando che l’autista sopravvivesse casualmente nel sedile posteriore, non credo proprio che l’avrebbe fatto. Credo che, al contrario, sia ancora profondamente indignato per la sorte subita dai suoi cari ragazzi Antonio, Vito e Rocco, ingiustamente traditi da “una cosa giusta”.

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Pubblicato da ilgirodelmondoconunlibro

Mi chiamo Rita Massaro. Sono una persona curiosa. Mi piace scoprire gli innumerevoli volti del mondo e le infinite possibilità della vita. Per questo leggo e viaggio. Ogni tanto le mie perlustrazioni scatenano la mia immaginazione. E scrivo. Ho pubblicato nel 2011, con la Casa Editrice Absolutely Free, un romanzo di formazione dal titolo "L'estate è finita". Nel dicembre 2016 è stato pubblicato il mio secondo romanzo, "Sotto il cielo di Santiago", con la Casa Editrice Genesis Publishing. Nel 2018 "Prima che sia primavera" con Il Seme Bianco, pubblicato in seconda edizione con il titolo "La terra del lungo inverno" con Emersioni. Ho partecipato a vari progetti di scrittura collettiva, tutti pubblicati nel 2020: "La villa delle ombre", con Stefania Agnello e Maurizio Bono; "Non ho forza per arrendermi", con Letizia Lo Cascio; "A casa: Diario di una pandemia" con Monica Spatola. Potete contattarmi su Facebook al seguente link: https://www.facebook.com/ilgirodelmondoconunlibroinmano