Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
Chiamami col tuo nome (Call Me by Your Name, Italia/Francia/USA/Brasile, 2017) di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois
L’opera “di transizione” di Guadagnino, realizzata tra due grossi impegni (A Bigger Splash e il remake Suspiria) e tratta dal romanzo di André Aciman, il cui adattamento per lo schermo è affidato nientemeno che a James Ivory (in forma, va detto), finora è indubbiamente la sua miglior prova, benché nel suo cinema trapeli ancora un eccessivo compiacimento estetico. L’autore di The Protagonists e Io sono l’amore (nonché di Melissa P.) rispetto al libro anticipa l’azione di quattro anni, nell’estate 1983 carica di umori (e promesse, anche politiche) ben resa dalla rasserenante ambientazione in un’imprecisata provincia (siamo comunque dalle parti di Crema e del Lago di Garda) e da un accorto repertorio canzonettistico spaziante da Words (Don’t Come Easy) a Radio Varsavia, ma ci sono pure le tracce originali di Sufjan Stevens, candidate all’Oscar come il film, lo script e il protagonista Timothée Chalamet. Quest’ultimo è il diciassettenne ebreo Elio, poliglotta (la versione doppiata sminuisce il fondamentale multilinguismo dei dialoghi) e dotato di straordinaria cultura letterario-musicale ereditata dai genitori, professore di archeologia (Michael Stuhlbarg, il finale è suo) e traduttrice (Amira Casar). In una delicata fase ormonale giunge un ospite, Oliver (Armie Hammer), aitante studente americano, per il quale il ragazzo sviluppa un’attrazione totalizzante (vedi il titolo). Cast – con professionisti e non – all’altezza.
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