Massimo Arciresi è critico e giornalista cinematografico, conduttore su Radio Spazio Noi – In Blu, dal 1997, della rubrica settimanale “Uscita di Sicurezza”. Ha collaborato con i quotidiani “Il Mediterraneo” e “L’Ora”, ha diretto il quindicinale sul tempo libero “TrovaPalermo” e attualmente scrive per il mensile “L’Inchiesta”. Appassionato di fumetti e lingue straniere.
La terra di Dio (God’s Own Country, GB, 2017) di Francis Lee con Josh O’Connor, Alec Secareanu, Gemma Jones, Ian Hart, Melanie Kilburn, Liam Thomas
Johnny (O’Connor) vive e lavora nella fattoria di famiglia nello Yorkshire con il padre infermo (Hart) e la nonna (Jones). Premuroso nei confronti dei suoi animali, passa le serate al pub a ubriacarsi e fare sesso con sconosciuti, con pesanti ricadute sulla sua efficienza. I legami non gli interessano, segue solo l’istinto, ed è forse ciò che lo avvicina alle bestie che accudisce. Gli viene temporaneamente affiancato un lavorante rumeno, Gheorghe (Secareanu), esperto, coscienzioso, acculturato (parla l’inglese perfettamente). Con il suo arrivo la situazione economica del nucleo si riprende. Inoltre, tra l’ospite e il giovane pastore inizia una relazione più seria, che potrebbe aiutare quest’ultimo a “guarire” dalla sua inconsapevole aridità sentimentale, nonché ad apprezzare ciò che ha (e che l’altro ha perso) e la fattiva bellezza della natura circostante. Un film scarno e preciso, un percorso di vera e propria rieducazione (rinvigorente perfino per i rapporti con gli accorti congiunti) dall’avvio volutamente acre, che sembra nascere da un improbabile punto d’incontro tra I segreti di Brokeback Mountain e Brotherhood e puntare dritto verso un inatteso e per nulla banale romanticismo. A Lee, autore anche della sceneggiatura e debuttante nel lungometraggio di finzione, la temeraria operazione riesce in pieno. La seconda possibilità di Johnny è come l’agnellino partorito con difficoltà che cresce tra amorevoli cure.
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